Diario di viaggio Nepal

10 giorni tra paesaggi e monasteri, misticismo ed emozioni.

Viaggiare in Nepal non è facile.
Perché un Viaggio in Nepal è emotivamente oneroso e spiritualmente intenso come pochi altri viaggi. Tutt’altro che semplice. Nient’affatto leggero.
Ma arricchente come nient’altro.

GIORNO 1

Milano – Kathmandu

Il nostro viaggio d’inizio gennaio parte da Milano Malpensa a bordo di un volo Oman Air. Un breve scalo di poche ore a Muscat e, poi, via, diretti verso Kathmandu.

Una notte in aereo, e la disordinata capitale del Nepal – con il suo piccolo aeroporto caotico – ci dà il buongiorno.

Sbrighiamo le classiche formalità burocratiche per l’ingresso nel Paese (il Visto – da fare all’arrivo in aeroporto – e l’immigrazione), prendiamo un taxi fuori dall’aeroporto – districandoci tra i numerosi autisti che si affrettano a offrire un passaggio agli stranieri in arrivo – e ci dirigiamo al Tibet Peace Inn, una guesthouse semplice, pulita e confortevole (dotata di generatore di corrente – che interviene in caso di blackout – riscaldamento tramite condizionatore – decisamente utile, nelle fredde notti di gennaio – e acqua calda – tutt’altro che scontata), situata accanto a Thamel, il quartiere turistico di Kathmandu.

Trascorriamo il pomeriggio nella zona di Thamel, tra negozi – dove acquistare souvenir e fare shopping a prezzi convenienti, ma più alti rispetto ad altre aree del Nepal – agenzie di viaggio – dove prenotare tour ed escursioni – e ristoranti.

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GIORNO 2

Kathmandu: Pashupatinath e Boudhanath

Il nostro primo (vero) giorno di Nepal è tutto dedicato a Kathmandu.

Prendiamo il taxi in direzione Pashupatinath, il più importante tempio induista del Nepal.

Patrimonio UNESCO. Nella povertà di una strada zeppa di gente e fumosa di polvere, visitiamo l’esterno del tempio (in quanto l’ingresso è riservato agli Induisti), e assistiamo con discrezione alle strazianti cerimonie funebri sulle rive del fiume sacro Bagmati, durante le quali i cadaveri – avvolti da grandi stoffe arancioni – sono cremati sulle pire e le ceneri sono disperse nelle acque sacre, tra il fumo che si solleva – acre e nero – e la disperazione che si percepisce forte.

Poi – tra folkloristici Sadhu, più interessati alle nostre rupie che alla vita in ascetismo – saliamo una lunga scalinata, fino a raggiungere un complesso templare fitto di vivacissime scimmie che vivono nell’adiacente Mrigasthali Deer Park. Attraversiamo il parco, scendiamo lungo un sentiero che conduce a un ponte tibetano, ed eccoci nel sobborgo di Boudhanath.

Proseguiamo a piedi fino allo stupa di Boudhanath: lo stupa tibetano più grande del Nepal, nucleo del buddhismo tibetano nel Paese, celebre anche per le scuole di pittura sacra tibetana. Un luogo mistico e meraviglioso, dove si respira aria di positività e si ammira la bellezza.

 

Una folla inaspettata ci accoglie appena oltre l’ingresso (a pagamento): una moltitudine di fedeli e turisti cammina – rigorosamente in senso orario – attorno all’immenso stupa, le nenie di centinaia di monaci si effondono, gravi, e il fumo degli incensi si solleva, leggero, nel cielo terso. Siamo nel bel mezzo dell’8th Annual Nyingma Monlam Of Nepal, il raduno dei Lama e della comunità buddhista nepalese, e Boudhanath è in festa.

Ci accomodiamo in uno dei numerosi ristoranti con terrazza di Boudhanath e – gustando Momo (i tipici ravioli nepalesi al vapore, serviti con una particolare salsina fredda) e Nepali set (il piatto locale – abbondante e squisito – a base di riso, verdure e carne al curry – serviti in diverse ciotoline di metallo), ammiriamo lo spettacolo dello stupa in festa, fino al tramonto. Quindi torniamo a Thamel, tra i tanti locali e i vicoli dalle luci colorate.

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GIORNO 3

Monastero di Kopan, Budhanilkantha e Swayambhunath (tempio delle scimmie)

Dedichiamo questa giornata alla scoperta di una zona esterna al centro di Kathmandu, avvalendoci del prezioso supporto di un taxi, con il quale definiamo una cifra per tutti gli spostamenti che intendiamo affrontare.

Prima tappa è il Monastero di Kopan, un sito suggestivo e silenzioso, in cui godere della quiete celestiale che solo un monastero Buddhista può offrire, sdraiati a occhi chiusi su una delicata distesa di prato che ci culla in uno stato di pace mai provato prima.

Visitiamo la zona esterna del monastero (poiché l’ingresso è riservato a coloro che frequentano i corsi di buddhismo – già, perché in questa oasi di tranquillità è possibile studiare il buddhismo assieme ai monaci tibetani, soggiornando nelle apposite stanze per una o due settimane) . Ma il sole di mezzogiorno è alto e caldo, quando il panorama della città si spalanca dalla terrazza del monastero. Così, pranziamo al ristorantino di questo Monastero che ci ha fatti innamorare già, al cospetto di uno spettacolare panorama sulla valle di Kathmandu.

È il momento di andare. Ripercorriamo la strada in taxi e ci dirigiamo verso il piccolo e importantissimo tempo induista di Budhanilkantha (o Narayanthan Temple), dove una grande statua di basalto nero rappresentante Vishnu è sdraiata al centro di uno specchio di acqua sacra. Ogni giorno – alle 7.00 e alle 17.30 – è possibile assistere a una cerimonia durante la quale i monaci lavano e purificano Vishnu con latte e acqua, e la cospargono di fiori, cantando i mantra per non svegliare il Dio.

Se Vishnu dovesse svegliarsi, un gran terremoto scuoterebbe la valle, distruggendo ogni cosa. Questo narra La Leggenda.

Vorremmo sostare al monastero femminile di Kopan, ma il tramonto è imminente, e dobbiamo tornare in città per visitare Swayambhunath, il tempio delle scimmie. Resta solo un’ora di luce per raggiungere la sommità, così – in pochi minuti di taxi – arriviamo alla cima della collina sulla quale si erge lo stupa incombente, circondato da centinaia di scimmie tutt’altro che tranquille.

Con cautela, camminiamo (in senso orario) attorno allo stupa e tra i macachi, fino a raggiungere una terrazza dal panorama mozzafiato sulla valle di una Kathmandu tinta di arancione dal tramonto e ammantata di suggestione dal buio in arrivo, che ci invita a fare ritorno a Thamel.

GIORNO 4

Kathmandu: Durbar Square

Il nostro ultimo giorno a Kathmandu è tutto dedicato al centro storico di Kathmandu e alla sua Durbar Square, patrimonio dell’UNESCO.

Trascorriamo la mattinata tra gli stretti vicoli e le colorate botteghe della città, in una lunga passeggiata, ad ammirare la vita scorrere straordinariamente normale.

Ed eccoci circondati dalla meraviglia di strutture che svettano in un cielo picchiettato di nuvole, tra palazzi che incorniciano cortili tranquilli e dettagli di legno intarsiato che sono opere d’arte. Siamo alla Durbar Square di Kathmandu. Un patrimonio fortemente colpito dal terremoto che ha scosso il Nepal nel 2015.

E si spezza il cuore, di fronte ai mattoni ammucchiati tra la polvere: quel che resta della terra che ha tremato troppo forte per questo popolo povero nella materia e ricco nello spirito. E si riempie, il cuore, di fronte all’impegno di chi, un mattone per volta, ricostruisce ciò che è andato distrutto.

Visitiamo le strutture rimaste intatte dopo il sisma: l’Hanuman Dhoka, il complesso che ospita il vecchio palazzo reale, e la Kumari Chowk, la residenza della Dea vivente: un edificio in mattoni rossi, con inserti in legno scuro finemente intersiato. L’edificio ospita la Kumari Devila dea bambina scelta in tenera età, attraverso un mistico e arcaico processo di selezione – venerata dalla religione Hindu, in quanto considerata l’incarnazione umana della dea madre Durga. Una ‘gabbia dorata’ che la Kumari lascia assai di rado – esclusivamente in occasione di cerimonie pubbliche.

Ogni giorno, alle 17.00 in punto, la dea bambina si affaccia svogliatamente da una piccola finestra, osservando il ‘pubblico’ per qualche istante.

Fatto ‘il pieno’ di Kathmandu, individuiamo un taxi e partiamo in direzione Patan (Lalitpur), dove sosteremo per i prossimi due giorni.

GIORNO 5

Patan: Dakshinkali (tempio dei sacrifici) e Pharping

Un’abbondante colazione in giardino ci dà il buongiorno, nel contesto pittoresco del Boutique Heritage Home, un’ottima guesthouse dotata di ogni comfort e di camere accoglienti (dai soffitti molto bassi).

La giornata trascorre all’insegna delle emozioni, tra templi e montagne fuori città, dove la spiritualità di questo Nepal si fa potente. Ad accompagnarci – dopo avere contrattato il prezzo per l’intera giornata – un ragazzo dal sorriso bianchissimo, che sarà nostro autista anche nei prossimi giorni.

Lasciamo Patan e percorriamo un dedalo di vicoli, alla volta di Pharping, un villaggio nei pressi del tempio di Dakshinkali, il tempio dei sacrifici. La distanza non è molta, ma (come spesso accade nella valle di Kathmandu) il traffico e la condizione delle strade dilatano i tempi (questa tratta si rivela particolarmente dissestata, in quanto sterrata e affrontata a bordo di un piccolo taxi sconquassato).

All’ingresso del tempio, un lungo viale pedonale fitto di bancarelle di ogni genere – dalle spezie ai giocattoli, dalle bibite agli animali – ci conduce a una scala di legno che anticipa la visione d’insieme di questo sito tetro, tanto importante per gli induisti in Nepal.

Incastonato all’interno di una stretta valle, il tempio di Dakshinkali ospita – ogni giorno – riti sacrificali, nel corso dei quali gli animali non ritenuti sacri dall’Induismo sono sgozzati, per soddisfare la sete di sangue della Dea Kalì – la manifestazione sanguinaria di Parvati, moglie di Shiva, alla quale è dedicato il tempio. Sono cerimonie dense di pathos, in uno scenario mistico e atroce, dove il sangue scivola sulla pietra e si mescola alle polveri dei tikka. Un luogo forte e funereo, affollato di fedeli fin dalle prime ore dell’alba.

La crudeltà lacerante del Rosso che scorre tra le lastre di pietra e il volo rumoroso dei corvi, del Tempio Dakshinkali.

 

Ancora scossi dalla ferocia del tempio dei sacrifici, riprendiamo la strada in direzione Patan, e sostiamo nel piccolo villaggio di Pharping. Camminiamo per i viali sterrati, tra gli sguardi dei locali seduti sulla porta di casa, i sorrisi dei bambini che risplendono di felicità, ricevendo in regalo una penna, e le mani giunte delle donne che ci salutano, passandoci accanto. Una band nepalese si esibisce con canzoni tipiche, coinvolgendo i presenti: siamo nel bel mezzo di una festa di paese, e – come il nostro tassista – ci lasciamo conquistare dal ritmo.

La via del ritorno ci riserva la meraviglia silenziosa di tre monasteri buddhisti tibetani, custoditi come perle preziose nel verde delle montagne del Nepal: il monastero buddhista di Pharping si staglia sulla cima di una strada che si arrampica accanto al villaggio; il Neydo Tashi Choling e il Rigon Tashi Choling, nei pressi di Dollu, riempiono l’anima e i polmoni di pace.

Siamo soli, in questi luoghi colmi di meraviglia. E non vogliamo disturbare. Qualche monaco ci passa accanto, schivo. Due bambini giocano a calcio con il custode, calciando un pallone sgonfio.

Il silenzio ti solleva da terra, nei monasteri di Dollu. Nascosti tra le montagne. Immensi, dorati, deserti. E riempie l’anima di sorrisi. E rimette in ordine la mente.

GIORNO 6

Patan (Lalitpur)

Sa di storia, di spiritualità e di meraviglia, il nostro quinto giorno di Nepal, interamente trascorso tra la Durbar Square – dichiarata patrimonio dell’UNESCO e duramente colpita dal terremoto del 2015 – e i templi nascosti di Patan (o Lalitpur).

Un giovane dagli occhiali specchiati ci avvicina, esibendo un italiano discreto e un ottimo bagaglio di cultura e informazioni. Ci lasciamo accompagnare da lui tra i luoghi nascosti della città.

La prima sosta al Newari Hiranya Varna Mahavihar – più noto come Golden Temple, o Tempio dei 10.000 Buddha – ci immerge nella spiritualità indù, regalandoci le emozioni profonde e silenziose del rito del Bhai Tikka.

Un’interiorità delicata, accresciuta dal potere della campana tibetana del più noto forgiatore della valle di Kathmandu: un uomo dalla gentilezza rara, che ci mostra il funzionamento di questo strumento. Il suo piccolo chiostro suggestivo si trova sul fondo del Golden Temple, accanto alla bottega dell’intagliatore di pietre dei Reali nepalesi.

Una lunga passeggiata tra gli stretti vicoli ci offre una visione esclusiva sui piccoli templi segreti di Patan, celebre anche per i prodotti di artigianato: pashmine in seta o lana cashmere, mandala dipinti a mano, campane tibetane.

GIORNO 7

Bhaktapur

Lasciamo Patan e ci dirigiamo verso Bhaktapur. Una rapida sosta al piccolo tempio di Surya Vinayak, raccolto sulla cima di una scalinata, ed eccoci al Planet Bhaktapur Hotel, tanto celebre tra gli italiani che visitano il Nepal, per via del suo proprietario Francesco – un vero punto di riferimento per i viaggiatori che arrivano dall’Italia.

Un tè caldo nel tranquillo giardino con panorama sulla città, e via – in sella alla moto del personale dell’hotel che ci accompagna in città – a scopire il centro storico di Bhaktapur, una città che è un museo a cielo aperto parzialmente pedonale. Dalla Durbar Square, patrimonio dell’UNESCO – con il suo imponente Nyatapola Temple, la pagoda a cinque piani più alta del Nepal – ai diversi quartieri artigianali, dove visitare piccoli laboratori: il quartiere dei cartai e il quartiere degli intagliatori del legno (dove ammirare la Finestra di Pavone, la finestra più preziosa del Nepal, intagliata nel 1400 da Araniko, il più grande architetto della storia dell’Himalaya), il quartiere dei tintori (con le stoffe colorate e le lane appese ad asciugare sui filari di legno) e il quartiere dei vasai (dove lasciarsi conquistare dalle mani degli artigiani che modellano vasi e terrecotte).

Il buio fa capolino ad accendere le sensazioni e a cancellare l’orientamento: tra le strette vie di Bhaktapur illuminate soltanto dai lumini delle candele, fatichiamo a ritrovare la strada del rientro. Una lunga passeggiata tra la polvere dal cielo scuro, e – in un quarto d’ora – siamo di nuovo in hotel.

Nel buio suggestivo dei vicoli dalle luci fioche, ci perdiamo a raccogliere attimi di una quotidianità intima, povera e sconvolgente.

GIORNO 8

Changu Narayan

Dopo un’ottima colazione, raggiungiamo – accompagnati dal personale dell’hotel – Changu Narayan, un villaggio di etnia Newari che si erge in cima a una collina da cui si domina l’intera vallata e dove sorge il Tempio di Changu Narayan, il tempio più antico della Valle di Kathmandu, patrimonio dell’UNESCO.

È possibile raggiungere la piazza antistante il villaggio Changu Narayan prendendo il pulmino nei pressi della Porta Nord della città di Bhaktapur. Il museo sulle leggende di Changu Narayan è stato realizzato dai locali e visitarlo è un buon modo per aiutare l’economia.

Visitato il tempio, scendiamo la scalinata dal lato opposto della collina, e percorriamo sentieri e vicoli che, in un’ora e mezza di passeggiata tra risaie, panorami e villaggi, ci riaccompagnano a Bhaktapur.

L’impatto con le Persone è forte e fa male. Cammini sulla strada che collega il Tempio di Changu Narayan a Bhaktapur e, ad ogni passo, la quotidianità ti contorce lo stomaco. La terra si solleva al passaggio dei camion accanto alle donne che trasportano cesti pesanti, e i bambini ti corrono incontro, entusiasti di ricevere in dono dei pennarelli, e gli adulti ti raccontano del terremoto e ti offrono una tazza di tè.

Lungo la strada, incontriamo persone, ascoltiamo racconti, beviamo tè al latte. Passeggiamo in uno scenario incantevole, collezionando attimi e sguardi, e raccogliendo sorisi ed emozioni.

Ci imbattiamo in un comizio pubblico. Un uomo si avvicina e ci racconta la sua storia: è un ex poliziotto di Kathmandu in pensione anticipata, che sogna di lavorare nel turismo aprendo una guesthouse. Un’illustre autorità locale si unisce a noi e raccoglie i quaderni e le matite che ci siamo premurati di portare per i bambini delle scuole (chiuse per le vacanze invernali). Prima di lasciare il comizio, beviamo un tè nepalese con i nostri nuovi amici.

Al cospetto delle risaie lievemente virate al rosso dal tramonto in arrivo, una famiglia ci invita a parlare. Ascoltiamo la storia del terremoto che, nel 2015, ha distrutto la loro casa, regaliamo i pennarelli ai bambini, beviamo un tè caldo seduti su piccoli sgabelli di tela, parliamo come ci conoscessimo da tempi, ci scambiamo le mail – chissà che ci si possa sentire di nuovo.

E ti ritrovi, la sera nel letto, a ripensare alla stanza sporca e spoglia inerpicata su per le scale di quella casa distrutta dal sisma, dove una ragazzina incontrata per caso ti ha portata a conoscere sua madre. E fa male. A tratti, il Nepal fa male.

GIORNO 9

Il nostro ultimo giorno di Nepal è all’insegna della maestosità che toglie il fiato.

Lasciamo la caotica mattina di Bhaktapur per arrampicarci tra salite e villaggi, dove la vita scorre intima. Contrattiamo con un tassista dall’auto ordinata e partiamo per strette e sterrate vie in salita. Una sosta alla piccola bottega dalle porte celesti dove la moglie vive e lavora con i figli, un tè con latte di fronte all’incanto senza aggettivi dell’Himalaya che si svela ben oltre l’orizzonte e le nuvole, e via verso l’imponente meraviglia del monastero Namo Buddha e il suo riservato tempio, meta di pellegrinaggio per ogni buddista e luogo dal fascino senza aggettivi.

Viaggiare in Nepal non è facile.

E, quando torni, non sei più la stessa persona che eri. Malgrado tu non lo voglia, malgrado tu non l’abbia messo in conto. Sei una persona più piena, sei una persona più ricca. E rivedi la tua scala di valori, e respiri la vita con ogni cellula.

Namasté.

 

 

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